14 settembre 2005

Perché non può esistere un socialismo liberale

Ormai è ufficiale, Partito Radicale e SdI (e presumibilmente anche il nuovo PSI) si alleano per formare un movimento socialista, laico, radicale e liberale. Addirittura Bobo Craxi parla di socialismo liberale.

Noi questo lo chiamiamo disordine mentale. Socialismo e Liberalismo sono due cose antitetiche. Impossibili da mettersi assieme. Ma incredibilmente pur di tenere i piedi in due scarpe si tenta questo assurdo matrimonio ideologico pur di raggranellare dei voti in più da gente che non sa.

Siamo andati a spulciare nella letteratura liberale ed abbiamo trovato quel che Ludwig von Mises ha scritto su liberalesimo e socialismo. Leggete sotto… ne vedrete delle belle, con buona pace degli arlecchini di casa nostra.


1. Definizioni
Liberalismo e socialismo concordano nei fini supremi e ultimi, ma si differenziano nel fatto che, per raggiungere gli stessi fini, il liberalismo individua il mezzo più adatto nella proprietà privata dei mezzi di produzione, mentre il socialismo lo individua nella proprietà collettiva.

Per cui non c'è alcuna differenza economica tra il socialismo e il comunismo. Entrambi i termini, socialismo e comunismo denotano lo stesso sistema di organizzazione economica della società, cioè il controllo pubblico di tutti i mezzi di produzione, distinto dal controllo privato, vale a dire capitalistico. I due termini, socialismo e comunismo, sono sinonimi.

La differenza essenziale tra la produzione liberale e quella socialista consiste nel fatto che nella prima gli uomini provvedono a se stessi, mentre nella seconda è il sistema che provvede loro. II socialismo vuol dare da mangiare, da vivere e da vestirsi all'umanità. Ma gli uomini preferiscono mangiare, vivere vestirsi e cercare la felicità a modo loro.

La questione è di sapere quale dei due sistemi, liberalismo o socialismo, garantisca una più alta produttività degli sforzi umani, per migliorare il tenore di vita della gente.

2. Il valore sociale del Liberalismo
Il liberalismo assegna allo Stato il compito di proteggere la vita, la salute, la libertà e la proprietà dei suoi cittadini contro l'aggressione violenta o fraudolenta.

La politica del liberalismo è la politica del bene comune, la politica del sottomettere gli interessi particolari al benessere generale - un processo che richiede dall'individuo non la rinuncia ai propri interessi ma la percezione dell'armonia di tutti gli interessi individuali per far migliorare le condizioni di vita di tutti. Non vi sono, quindi, individui o gruppi i cui interessi sarebbero, in ultima analisi, meglio tutelati dal socialismo che non a una società basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione.

E in questa ascesa della moltitudine che consiste il radicale cambiamento sociale provocato dalla "rivoluzione industriale liberale". Quelle masse dominate che in tutte le precedenti età della storia davano vita a greggi di schiavi e servi, di poveri e mendicanti, sono oggi il pubblico acquirente, il cui favore viene sollecitato dagli uomini d'affari. Esse sono i clienti che hanno "sempre ragione", coloro che hanno il potere di rendere poveri i fornitori ricchi e ricchi i fornitori poveri.
Nel tessuto dell'economia di mercato, quando esso non è sabotato dalle panacee di governi e di politici, non vi sono signori “nobiluomini di campagna che tengono sottomesso il popolo; questi non riscuotono tributi e imposte, e non banchettano gaiamente sulle spalle di contadini che devono accontentarsi delle briciole”. Il sistema basato sul profitto rende prosperi quegli uomini che riescono a soddisfare, nel modo migliore possibile e più a buon mercato, i bisogni della gente. La ricchezza può essere accresciuta solo servendo i consumatori. I capitalisti perdono il loro capitale, non appena mancano di investirlo in quei rami che soddisfano meglio le richieste del pubblico. In un plebiscito ripetuto ogni giorno, in cui ogni soldo dà diritto al voto, i consumatori decidono chi deve possedere e gestire le fabbriche, i negozi e le fattorie.
E’ il consumatore che fa diventare i poveri ricchi e i ricchi poveri. E il consumatore che fissa le retribuzioni di una star del cinema o di un cantante lirico a un livello più alto di quello di un saldatore o di un ragioniere .

Il liberalismo si è opposto a qualsiasi cosa avesse il carattere di garanzie immutabili e ha cercato di ridurre al minimo il numero degli impiegati pubblici. I pubblici ufficiali, quando corrotti, violano le leggi e sono perfettamente consapevoli di danneggiare il bene collettivo. E, poiché poco a poco si abituano a violare le leggi penali e le norme morali, finiscono per perdere interamente la facoltà di distinguere tra il giusto e l'ingiusto, tra il bene e il male. Se non si può produrre o vendere una merce senza infrangere questo o quel regolamento, si finisce per pensare che in fondo peccare contro la legge e la morale faccia "purtroppo parte della vita" e perdere quei "teorici" che vorrebbero che le cose andassero diversamente.


3. Il fallimento del Socialismo
L'impraticabilità del socialismo è la conseguenza di ragioni di ordine intellettuale e non morale. Il socialismo non può raggiungere il suo scopo perché in una società socialista il calcolo economico è impossibile.
Il socialismo non è fallito per resistenze ideologiche, perché anzi l'ideologia dominante è ancora oggi quella socialista. E fallito perché irrealizzabile. Ogni passo che ci allontana dal sistema sociale della proprietà privata dei mezzi di produzione riduce la produttività e quindi provoca miseria e indigenza.
Il socialismo non è quel che pretende di essere. Non è la scelta avanzata di un mondo migliore e più bello, ma il distruttore di quel che migliaia di anni di civiltà hanno creato. Esso, non costruisce; distrugge.

In un paese socialista i gruppi di pressione mirano ad assicurare ai loro membri privilegi a spese dei gruppi e degli individui più deboli. L'esistenza della corruzione è un fenomeno concomitante inevitabile dell'interventismo statale.

La politica socialista fornisce a migliaia e migliaia di individui lavori sicuri, tranquilli, e non troppo faticosi, a spese del resto della società. Ogni nazionalizzazione o creazione di un’ impresa municipale o statale lega interessi privati al movimento contro la proprietà privata. Il socialismo e il distruttivismo odierni trovano i loro più forti sostenitori nei milioni di persone per le quali un ritorno a una economia più libera sarebbe, nel corto come nel lungo periodo, dannosa ai loro propri interessi particolari.

4. L’arlecchinismo italiano
Per proteggere l'ideale socialista dagli effetti devastanti di tale critica, sono stati fatti di recente alcuni tentativi per migliorare la definizione comune del concetto di "socialismo".
La mia definizione di socialismo, quale politica rivolta alla realizzazione di una società nella quale i mezzi di produzione siano socializzati, è in accordo con tutto ciò che gli scienziati hanno scritto sul tema. Affermo quindi che occorre essere storicamente ciechi per non accorgersi che negli ultimi cento anni il socialismo ha rappresentato solamente questo, e nient'altro; e che è in questo senso che il grande movimento socialista è stato ed è socialista.
Non è tuttavia il caso di litigare sulla definizione! Se a qualcuno piace chiamare socialista un ideale che conserva la proprietà privata dei mezzi di produzione, libero di farlo! Un uomo è libero di chiamare cane un gatto e sole la luna, se gli fa piacere. Bisogna però dire che il capovolgimento della terminologia abitualmente usata, che tutti capiscono, non porta alcun vantaggio e crea solamente malintesi.

MORALE FINALE DA LEGGERE A VOCE ALTA A PANNELLA E SOCI
Il socialismo non è la prosecuzione del liberalismo: è il suo nemico. Non è consentito inventarsi un intimo nesso tra liberalismo e socialdemocrazia per il semplice fatto che si è contrari all'una e all'altro.

07 settembre 2005

Ripartiamo (2005)

Ecco quel che abbiamo visto durante le ferie di Agosto 2005, dalle intercettazioni telefoniche al “nuovo Centro”, passando da Londra a Lampedusa (vedi 2004), dal calcio ad un ennesimo libercolo di Dan Brown…

Cosa abbiamo visto in questo mese agostano?
1. Un uomo che parla al telefono assieme a tanti altri uomini diventati ricchi grazie al mattone. E tutti a lamentarsi di aver avuto i loro telefonini sotto controllo e di essere stati intercettati…e di non avere privacy, e di essere stati esposti al pubblico ludibrio dei media e dei giornali. Poverini… parlavano ovviamente di Santa Teresa di Calcutta e degli orfanotrofi africani… mica di favoritismi e regole aggirate.
PS. Nel 2004 avevamo già scritto su questo uomo che getta discredito su tutti noi. Lui è ancora lì sempre più debole attaccato al suo scranno. Noi qui, sempre più convinti di avere ragione. Leggere per credere.

2. L’unico “uomo politico” italiano apprezzato e stimato all’estero che fa sua la nostra stessa proposta: “né a destra né a sinistra ma con un nuovo polo” (lui lo chiama di centro, per differenziarlo forse?) e tutti i politici nostrani a criticare la proposta e a minimizzarne gli impatti. E come potrebbero, costoro, fare altrimenti? Come potrebbero dare ragione a chi li invita così direttamente a farsi da parte per manifesta incapacità (noi diremmo per “manifesta immoralità”)? Beh, noi siamo pronti ad appoggiare qualunque nuovo polo che faccia sua la rivoluzione liberale, l’unica ricetta per quest’Italia bloccata e decadente.

3. L’uomo simbolo del Regno Unito annunciare con voce tremante ma con volontà ferrea che le regole del gioco sono cambiate per tutti coloro che vogliano vivere in Gran Bretagna e sperimentare sulla propria pelle la “potenza” di una società liberale, ancorata ai valori della tradizione e sempre coraggiosamente protesa a reinventarsi per il progresso sociale e civile. Grazie a lui sappiamo che è possibile impedire che si farnetichi contro l’Occidente in moschee pagate con i soldi di tutti, che si continui ad utilizzare una lingua straniera al posto della lingua del business mondiale, e che si viva in subcomunità e sub-culture preferendo l’isolamento all’integrazione.

4. I soliti barconi di clandestini a Lampedusa come a segnalare ancora più nettamente la differenza tra Italia e Regno Unito, mentre Oriana Fallaci ribadisce quel che molti pensano ed una cittadina italiana viene violentata per giorni da un branco di 6 cialtroni di cui 5 avrebbero dovuto essere espulsi. Chi paga per questa omissione di atti d’ufficio? Chi guadagna dal business degli sbarchi e delle espulsioni fasulle?

5. Il nuovo stupidissimo libro di Dan Brown, che inizia in maniera accattivante e termina con un finale psichedelico al cui confronto John Wayne impallidisce, che ci fa seriamente dubitare sulla sanità mentale del summentovato e soprattutto (ecco perché lo riportiamo in questo articolo) di nuovo getta discrediti, dubbi e pensieri malevoli sull’unica istituzione mondiale (globale?) ancorata a Roma e molto critica verso una certa filosofia di vita proveniente da oltreatlantico. Cui prodest? A chi giova distruggere l'unico potere mondiale che resiste da duemila anni e che, piaccia o no, parla ancora latino e siede ancora al di qua dell'Atlantico, a Roma, nella Caput Mundi?

6. E poi le solite cose:
  • i soliti inciuci del calcio (Stavolta è il Genoa. Scommesse si o no? Intercettazioni reali o fasulle? Giudici addormentati o scrupolosi?). Rinnoviamo allora la stessa proposta al signor Carraro: rimanga lì ancora un altro anno, per farci capire cosa altro sarà possibile vedere. La mia immaginazione è ferma.

  • I centristi di destra che gettano sponde a sinistra per non restare coinvolti nella disfatta del berlusconismo dichiarandosi fedeli ma chiedendo un forte segno di rottura (senza dire quale….in pieno stile arlecchinesco di un piede in due scarpe)
Potremmo continuare con l'elenco degli avvenimenti estivi (la TV che sceglie Pupo, il caro-vacanze, gli incidenti stradali, i soliti incendi e distruzioni di pinete,…), ma non vogliamo tediarvi oltre. Chiederei a voi di farlo se ho dimenticato qualcosa di importante scrivendomi una mail o usando il forum. Noi ripartiamo. Gli obiettivi sono gli stessi (http://www.liberaliperlitalia.it/pagina.phtml?_id_articolo=148).

Ben ritrovati dunque. E buon viaggio