21 luglio 2005

La nuova veste grafica del CdS

Siamo stati due settimane via, negli USA ed in Europa. Leggendo la stampa locale e notando subito enormi differenze con quella nostrana...
Tornati in Italia notiamo con compiacimento la nuova veste editoriale del CdS, i colori, l'impaginazione, le rubriche, le belle soluzioni per rendere più gradevole la lettura. Bene ci diciamo. Forse uno svecchiamento ci voleva. Bravi.
Poi andiamo a cena con amici stranieri. E torniamo sull'argomento. E riflettiamo a voce alta sul Frankfurter Allgemeine Zeitung, su die Neue Zuercher Zeitung, sull' Herald Tribune, sul Wall Street Journal. Sui giornali cioè ai quali il CdS deve ispirarsi. I giornali sui quali si parla solo dei più in vista. Sui quali si fa a gara per comparire. Sui quali c'è onore ad essere intervistati e a vedervici stampato il proprio nome (casi Enron e Parmalat a parte).

Ohibò, ci diciamo. Ohibò. Quei giornali stranieri non pubblicano in prima pagina matrimoni di calciatori, stipendi di veline e conduttori televisivi, amori e tradimenti di chicche e sia, interviste "contro-vento", singhiozzi di pupi e pupe famose, pettegolezzi di giornaliste vendicative e frustrate, etc. I giornali di prima classe, nel mondo, parlano di temi e persone di prima classe. Con stile freddo, distaccato, informativo, arricchente.

A tanti, tantissimi italiani manca la possibilità di informarsi senza dover necessariamente leggere "di matrimoni di calciatori, stipendi di veline e conduttori televisivi, amori e tradimenti di chicche e sia, interviste "contro-vento", singhiozzi di pupi e pupe famose, pettegolezzi di giornaliste vendicative e frustrate, etc." A questi italiani quel bla bla bla non interessa. A questi italiani quel bla bla bla fa venire l'orticaria. Cosa ci vuole a fare un giornale che parli di valori e serietà tralasciando marciume e vippaggine cafona?

Ohibò, abbiamo concluso: forse siamo noi i bigotti. Ma il CdS, nel rifarsi la faccia, ha dimenticato di rifarsi l'anima e di darsi quel famoso bollino di qualità.

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