09 febbraio 2006

La crisi del PLI di Milano

Mentre a Roma il PLI sta lavorando per presentarsi da solo alle elezioni politiche, una decisione unilaterale di pochi iscritti lo fa scomparire a Milano.

Questa crisi ha precisi nomi e cognomi: alcuni sono semplici iscritti, altri rivestono ruoli di dirigenza regionale affidata loro con un mandato preciso: difendere e far affermare l’identità del Partito Liberale Italiano in Lombardia.

Come sempre concediamo a tutti il diritto di replicare alle nostre affermazioni. Pubblicheremo tutto a patto che queste repliche siano puntuali e soprattutto concentrate sui fatti che riportiamo sotto. Non sono ammessi fuori tema.

Iniziamo allora.

CRONISTORIA.
19 Novembre 2005. Al Congresso Regionale del PLI viene eletto per acclamazione l’Ufficio di Segreteria composto da Luigi Paganelli (espressione del Presidio PLI di Monza e Brianza), Mario Caputi (espressione del movimento politico Destra Liberale / Liberali per l’Italia) e Mariarosa Varotto (espressione del Presidio PLI di Pavia). L’Ufficio di Segreteria presenta nella prima riunione un piano di attività dettagliato orientato alla formazione di gruppi di lavoro atti a far crescere il PLI lombardo. In particolare, se ne creano tre:
  1. Quello incaricato di definire il programma comune (formato da Rossi –che viene nominato responsabile- e Tescari, Melley e Porfirione Todaro)

  2. Quello incaricato di intavolare discussioni politiche con altre forze, al fine di valutare ogni possibile alleanza (ne facevano parte i responsabili dei vari presidi provinciali e l’Ufficio di Segreteria come coordinamento politico)

  3. Quello incaricato di lavorare alla riunificazione delle altre componenti liberali che ancora non si riconoscevano nel PLI, composto da Gabriele Pagliuzzi (che doveva essere nominato presidente), Giancarlo Morandi, Alberto Panigalli e Pierangelo Rossi.

16 Gennaio 2006. Destra Liberale / Liberali per l’Italia, in una riunione aperta a tutti, lancia la proposta di partecipare alle amministrative di Milano, con una lista dove appaia il nome del PLI e con un proprio candidato sindaco, e si dice pronta a discutere questa proposta con tutti gli amici liberali lombardi.

2 Febbraio 2006. Giancarlo Morandi, Pino Samà e Giampaolo Berni chiamano gli iscritti milanesi per “scegliere” se presentare una lista insieme ai repubblicani e ai riformatori liberali in appoggio alla Signora Moratti. Nel corso della riunione, Giancarlo Morandi e Pierangelo Rossi annunciano un convegno (Circolo della Stampa, 10 Febbraio) per la presentazione ufficiale della lista. Pierangelo Rossi illustra brevemente il programma. Mario Caputi prende la parola e critica la “scelta”. Luigi Paganelli prende la parola e la appoggia. Con email del 3 Febbraio, Luigi Paganelli informa tutto il PLI lombardo della “scelta”, allegando il nuovo logo (dove per inciso scompare la bandiera e scompare il nome del PLI) ed invita tutti gli amici a diffondere la notizia e a far promozione del convegno del 10 Febbraio.


LE PRECISE RESPONSABILITA’.
La “scelta” affrettata ed unilaterale da parte di una parte PLI milanese ha profonde conseguenze, essendo molto dannosa per la situazione contingente in cui versa il PLI nazionale oltre che per gli effetti dirompenti in seno alla Segreteria Regionale lombarda.

Vediamo in dettaglio:

A. DANNO AL PLI NAZIONALE
  1. Questa “scelta” danneggia la politica nazionale del PLI. Mentre la Segreteria Nazionale, a nome del On. Stefano de Luca, chiama a raccolta tutti i quadri del Partito per la difficilissima impresa di correre da soli alle prossime politiche, a Milano – la capitale economica e forse anche politica d’Italia- il PLI vede annegata la sua identità e si vede estromesso dalla competizione elettorale. Questa “scelta” cancella il marchio PLI nella città italiana di riferimento, liberale da sempre, per correre dietro ad un’alleanza ed ad una lista civica che deve ancora essere definita in tutti i suoi dettagli.

  2. Questa “scelta” è un regalo ad altre forze politiche. Questa “scelta” mette sullo stesso piano le forze del PLI e di DL/LpI su Milano con quelle (tutte da verificare in termini elettorali) dei salmoni e dei repubblicani. Alle ultime elezioni provinciali di Milano, DL/LpI prese lo 0,7% dei voti, diventato 1,5% al Collegio 3 di Milano. Alle regionali del 2005, il PLI a Milano prese l’1%. Dove saremmo arrivati assieme? Questa “scelta” rende impossibile verificarlo.

B. TRADIMENTO DELLO SPIRITO DEL CONGRESSO REGIONALE LOMBARDO
  1. Questa “scelta” tradisce il mandato del congresso regionale del PLI lombardo. Il Congresso Regionale di Novembre ha visto riuniti più di cento liberali lombardi nella comune aspirazione di far rinascere l’identità del PLI in Lombardia. La “scelta” toglie ogni visibilità al PLI a tutto vantaggio dei molti altri movimenti politici che stanno fregiandosi in modo crescente del termine “liberale”. Questa “scelta”, anziché puntare sulla primogenitura del marchio, lo toglie dalla competizione elettorale. La “scelta” quindi è contraria alle conclusioni del Congresso Regionale perché non difende l’identità del PLI in Lombardia.

  2. Questa “scelta” non rispetta gli accordi presi in seno al Congresso Regionale Lombardo. Il gruppo di lavoro (comitato) per la riunificazione dei liberali, il cui scopo unico sarebbe stato proprio quello di disegnare piattaforme comuni con altri gruppi liberali lombardi, non è mai stato messo in grado di operare: Gabriele Pagliuzzi non è mai stato nominato Presidente ed Alberto Panigalli non è mai stato ammesso a farne parte. Queste omissioni hanno originato una lettera di censura al Segretario Regionale Luigi Paganelli a firma del sottoscritto e di altri amici. Questa lettera di censura resta ancora senza alcuna risposta formale.

  3. Questa “scelta” è stata fatta in disprezzo delle decisioni dell’Ufficio di Segreteria.
Prima del congresso regionale, Pierangelo Rossi si è incontrato due volte con il sottoscritto e con Gabriele Pagliuzzi sul tema del programma liberale. Si era dimostrato attento a capire cosa proponevamo, a recepire quanto gli piaceva e a scartare con decisione quanto non gli andava a genio. Dopo il congresso regionale –come detto- la Segreteria Regionale aveva nominato un gruppo di lavoro sul programma ed aveva nominato Pierangelo Rossi suo responsabile. Questo gruppo di lavoro NON si è mai riunito. Con quale titolo, chiedo, si può dire che il programma di Pierangelo Rossi sia il programma del PLI? Chi si è messo contro le decisioni della Segreteria Regionale? Chi non rispetta le regole che ci si era dati in Lombardia?

C. QUESTA “SCELTA” NON IMPEGNA IL PLI.
  1. Questa “scelta” è formalmente corretta solo per pura fortuna. L’atto di costituzione del presidio milanese del PLI, firmato da Giampaolo Berni e Pino Samà, NON risale al Dicembre 2004 come sempre comunicato e ritenuto, ma al Gennaio 2006. Di questo se ne è accorto il sottoscritto, che dopo aver telefonato alla Segreteria romana, aveva avvisato l’amico Berni di regolarizzare la nascita del suo Presidio. Senza tale atto, la riunione del 2 febbraio fatta a nome del presidio del PLI milanese sarebbe stata -anche formalmente- del tutto irregolare.

  2. Questa “scelta” è invece fatta a titolo personale. Poiché i gruppi di lavoro chiamati dalla Segreteria Regionale del PLI a riunire i liberali, a definire un programma comune e ad identificare una rosa condivisa di possibili alleanze non si sono mai riuniti, appare lampante come nessuno possa essere titolato a parlare a nome del PLI lombardo, né in sede di liste comuni con altri liberali, né in sede definizione di un programma né tanto meno in sede di definizione di alleanze. Chi lo abbia fatto non può che averlo fatto a mero titolo personale. Ripetiamo: Morandi e Rossi non hanno nessun titolo per decidere a nome del PLI Lombardo. Samà e Berni non possono unilateralmente decidere senza consultare l’Ufficio di Segreteria su una città così importante come Milano.

  3. Questa “scelta” è stata tenuta nascosta a tanti. Le affermazioni fatte giovedì 2.02 da Morandi, Samà, Berni e Rossi, nonché la mail di Paganelli di venerdì 3.02, dimostrano che non c’erano due scelte sul tavolo, ma UNA sola. Quei liberali milanesi convenuti non stavano quindi scegliendo nulla: solo prendendo atto di una “scelta” unilaterale già presa da pochi.
E mentre a Roma l’On. Stefano de Luca ha giustamente ritenuto opportuno indire il terzo Consiglio Nazionale prima di decidere la linea che il PLI terrà alle politiche, in Lombardia non c’è stata una sola riunione preparatoria a questa “scelta” nè si è ritenuto opportuno coinvolgere il Vice-Segretario del PLI lombardo delle intenzioni e delle conseguenze di essa nonostante il congresso regionale, nonostante la recente alleanza con DL/LpI e nonostante il cammino comune appena intrapreso.
Per gli otto motivi su elencati è chiaro come sia stato fatto danno al PLI nazionale, si sia  tradito lo spirito del Congresso Regionale Lombardo e –soprattutto- si sia usato impropriamente il nome del PLI.
Per le medesime ragioni, la “scelta” non può impegnare in alcun modo gli iscritti al PLI lombardo e fa considerare decaduta la Segreteria di Paganelli, il quale, se realmente coltivasse il rispetto del partito cui diceva di far parte, dovrebbe evitare di firmarsi e di parlare a nome del PLI e –nel caso- mirare ad assumere cariche nella neonata lista Liberali, Repubblicani e Riformatori Liberali.

Per cui:
  1. Da Vice-Segretario del PLI lombardo, affermo di non riconoscere la “scelta” e di impegnarmi sin da ora a trovare altri modi per difendere l’identità, il nome e il logo del PLI alla prossima competizione elettorale.

  2. Da coordinatore di Milano di DL/LpI ritengo DL/LpI affrancata da ogni impegno assunto in sede di Congresso Regionale del PLI, libera quindi di sciogliere un’alleanza messa in crisi da chi l’aveva originariamente perseguita e –soprattutto- libera di presentarsi alle prossime elezioni amministrative con un nome, una bandierina su sfondo giallo, un’identità, un programma forte e degli uomini di coerente identità liberale e di continua e coraggiosa appartenenza politica.


Mario Caputi

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