27 febbraio 2006

L'intervento al Premio Liberale dell'anno 2005

INTERVENTO AL PREMIO LIBERALE DELL’ANNO 2005


Il mio intervento si incentra su tre argomenti:
  1. La relazione liberalismo/socialismo

  2. La difficoltà di realizzare riforme liberali in Italia

  3. La liberalizzazione del mercato del lavoro, come una delle cose da fare nel 2006.


1) Vedo in sala molti politici italiani che –da posizioni liberale- han tentato o han concluso accordi elettorali e politici con movimenti socialisti. Non voglio porre nessuno sotto alcun indice accusatorio di medievale memoria. Al posto mio lascio parlare un liberale storico… tanto per rinfrescarci la memoria:
Liberalismo e socialismo concordano nei fini supremi e ultimi, ma si differenziano nel fatto che, per raggiungere gli stessi fini, il liberalismo individua il mezzo più adatto nella proprietà privata dei mezzi di produzione, mentre il socialismo lo individua nella proprietà collettiva... Per proteggere l'ideale socialista sono stati fatti di recente alcuni tentativi per migliorare la definizione comune del concetto di "socialismo".
Non è tuttavia il caso di litigare sulla definizione! Se a qualcuno piace chiamare socialista un ideale che conserva la proprietà privata dei mezzi di produzione, libero di farlo! Un uomo è libero di chiamare cane un gatto e sole la luna, se gli fa piacere. Bisogna però dire che il capovolgimento della terminologia abitualmente usata, che tutti capiscono, non porta alcun vantaggio e crea solamente malintesi. 
Fra liberalismo e socialismo, occorre identificare un vero e proprio spartiacque che faccia chiarezza terminologica ma anche concettuale.
Per il liberale gli uomini sono tutti diversi. Per il socialista gli uomini sono tutti uguali. Il liberalismo cioè difende la libertà, i socialisti si adoperano per l’affermazione dell’uguaglianza. E questi sono due obiettivi contrapposti, quando si fa politica e ci si trova a dover competere in una società aperta, globalizzata, in piena corsa contro il tempo. O la politica si adopera per limare le differenze, ridurre i divari, accorciare le distanze tra i cittadini oppure opera per permettere ai più bravi di correre di più, ai migliori di avere più riscontri delle loro qualità, ai diversi di veder riconosciuta la loro diversità.
Parlare di uguaglianza e di libertà è un controsenso. Una società che fa della libertà la sua filosofia dominante cercherà di offrire ai suoi cittadini pari opportunità di partenza  ma poi premierà il merito, le differenze, le diversità insite nell'animo umano. Questa è la società veramente liberale che ci troviamo a voler celebrare nel premio al Prof. Giavazzi.
2) Voglio ribadire una verità molto pericolosa per tutti i veri liberali italiani. Voglio riflettere assieme a voi sul fatto che lo Stato Liberale, quello che tutti diciamo di volere, se realmente realizzato andrebbe a rompere le cosiddette “uova nel paniere” di tutti i lobbisti d’Italia. Chi sono costoro? Sono le categorie professionali e lavorative che sappiamo, dal portantino iscritto al sindacato al Notaio o al Professorone universitario. Le lobby d’Italia di cui parla il Professor Giavazzi nel suo libro. Tutti i detentori di posizioni di rendita e di potere (grandi o piccole a piacere) che perderebbero i loro privilegi a seguito di vere riforme liberali.
  • Vogliamo liberalizzare le licenze dei tassisti (o degli ordini professionali)?. E cosa credete ci farebbe un tassista o un notaio?

  • Vogliamo università libere di assumere e retribuire i migliori professori? E cosa ci farebbero tutti quei pseudo-accademici delle miriadi di università che rimarrebbero senza fondi e senza studenti?

  • Vogliamo ridurre la burocrazia e i costi dell’Amministrazione Pubblica? E come vivrebbero le orde di dipendenti pubblici che si troverebbero di colpo senza lavoro?

  • Vogliamo ridurre l’esercito di occupazione della politica (onorevoli e senatori, ma anche la miriade di rappresentanti locali)? E quale maggioranza parlamentare potrebbe mai votare per questa legge?
Potrei continuare con tantissimi altri esempi e forse a voi ne sono venuti in mente di più brillanti. Cito invece Stuart Mill: “Il valore di uno stato è pari al valore degli individui che lo compongono”. Beh, noi italiani siamo un popolo di Arlecchini:
  • Siamo divisi. Un francese, Francois Pommereul, scriveva: «L'Italia, che anche nella sua decadenza non ha smesso di dominare l'Europa con le sue idee, sarebbe certamente imbattibile se fosse unita sotto un solo governo». Noi invece siamo ancora guelfi e ghibellini. Litighiamo su tutto.

  • Siamo invidiosi e vigliacchi. Un austriaco, Metternich, scriveva: « In Italia ci si detesta da provincia a provincia, da città a città, da famiglia a famiglia, da individuo a individuo». Passiamo tutto il nostro tempo migliore a trovare la pagliuzza nell'occhio dell'altro.

  • Siamo orgogliosi di essere furbi… Un altro francese, Cocteau, diceva: “L'italiano «medio» delle storielle non è molto diverso dall'italiano delle statistiche: è quello che non paga le tasse, che non fa la fila agli sportelli, che ha sempre un amico, un parente disponibile a fare favori illeciti, che vota solo chi è in grado di garantirgli i piccoli e grandi privilegi su cui da sempre si arrocca”.
E se siamo un popolo di Arlecchini, come possiamo parlare di politici al servizio del Paese, di riforme serie ed efficaci, di invertire la rotta, di ridare all'Italia una base di solidità economica, sociale e politica? Noi siamo fermi ai guelfi e ai ghibellini, al tutto contro tutto, ad un Presidente del Consiglio che parla ed ad un'Opposizione che critica, ad un lato del Parlamento che propone ed un altro che distrugge, ad amministratori che vogliono fare qualcosa ed amministrati che si mettono di traverso.
Con che fegato proporre quindi le riforme liberali che vanno ad incidere su interessi e potentati costituiti? Fare il liberale in Italia è difficilissimo, forse utopistico e velleitario, sicuramente non è da tutti. Con un DNA quale il nostro un politico realmente liberale rischia la sua vita.
Quanti sedicenti liberali appaiono ormai giornalmente sui palcoscenici del teatrino della politica? Beh, tenetelo a mente! A fare il liberale si rischia per davvero.
3) Il premio di oggi ha come sottotitolo: le 5 cose da fare in Italia nel 2006. Beh, io porrei come massima priorità la liberalizzazione completa del mercato del lavoro.
Non diciamo nulla di nuovo sottolineando che oggi le aziende difficilmente assumono perché più difficilmente possono licenziare. E che questo, per fare un esempio pratico a quanto affermavamo in precedenza, è un circolo vizioso che danneggia i migliori e i più volenterosi a tutto vantaggio dei fannulloni, di quelli che appena assunti reclamano subito il diritto al lavoro (e non il dovere al lavoro), di chi tiene famiglia ed anche due o tre lavori paralleli (ed in nero).
Ed invece i liberali devono chiedersi quali siano gli interessi dei cittadini e quali invece quelli delle aziende. Per scegliere immediatamente “il campo dei cittadini” e proporre vere riforme che vadano a loro vantaggio.
Oggigiorno le aziende (del settore in cui opero) oltre alle ingessature congenite del mercato del lavoro italiano ne pensano sempre una più del diavolo. Per tener bloccato il mercato fanno accordi sottobanco con le società di selezione e gli head-hunter arrivando addirittura a vere minacce in caso di “fishing” di candidati nel loro territorio.
Che vuol dire tutto questo? In un Paese veramente liberale, dove ogni azienda fosse libera di determinare il suo costo del lavoro (e i relativi oneri sociali) in funzione delle sue esigenze di mercato e di redditività, ogni cittadino avrebbe di fronte a sé una miriade di opportunità di lavoro. I più bravi sarebbero oggetto di guerre di mercato (come accade –forse- nel calcio), gli stipendi lieviterebbero verso l’alt e nessuno si sentirebbe più danneggiato (o tiranneggiato) dal suo attuale datore di lavoro.
Viceversa il blocco del mercato (e gli accordi di cartello delle aziende) avvantaggiano i detentori di posizioni di potere, allineando verso il basso i salari dei lavoratori e soprattutto riducendo al minimo le opportunità di cambiare lavoro.
Ecco quindi che tra le 5 cose da fare nel 2006 noi suggeriremmo:
  • l’eliminazione di tutti i contratti collettivi di categoria;

  • il divieto di cartelli, patti, alleanze, accordi tra aziende volti alla limitazione della domanda / offerta di lavoro e quindi in contrasto con l’interesse dei dipendenti e con lo spirito dei principi di libertà;

  • l’abolizione della Cassa Integrazione e l‘obbligo del lavoratore in collaborazione con l’azienda di provvedervi tramite assicurazioni private;

  • la libertà di assunzione e di licenziamento previo accordo tra le parti di ovvi strumenti di ammortizzazione sociale.
E’ tutto, vi ringrazio dell’attenzione e vi saluto tutti.






1 commento:

Anonimo ha detto...

uno splendido intervento. a volte mi chiedo xchè noi Liberali siamo così in pochi. dovremo veramente avere la guida del paese e le cose andremmero meglio, molto meglio. altro che "surrogati" liberali!